Dei Fleet Foxes ormai se ne parla da un’anno.
Alla fine del 2008, il loro album di debutto omonimo era in testa alla maggior parte delle classifiche dei migliori album dell’anno passato.
Il segreto del loro successo sta nel mix delicato e vario tra vari generi musicali, tra i quali il folk americano, il rock classico, ma anche il country e, perché no, il gospel.
Spesso è stato usato addirittura il termine “pop barocco”, per i loro richiami a musica e composizioni quasi obsolete.
Niente che non si sia mai sentito, o che non suoni come qualcos’altro.
Però…
Però bisogna vederli dal vivo per poterli giudicare.
Perché i loro live non sembrano dei normali concerti, ma piuttosto un vero e proprio spettacolo teatrale e fiabesco.
La loro musica sembra fatta apposta come colonna sonora di una storia ben raccontata, fatta di personaggi come Oliver James, o come il “Michael” di White Winter Hymnal.
Iniziano il loro concerto con le canzoni dedicate al “sole”, ovvero Sun Giant e Sun It Rises, dopo le quali seguono 6 minuti buoni di applausi scroscianti. E siamo solo all’inizio.
Negli intermezzi tra una canzone e l’altra, scherzano, riaccordano gli strumenti, chiacchierano con il pubblico; Robin Pecknold chiede alle ragazze della prima fila dove può trovare un buon ristorante vegano. E il batterista gli fa notare di essere un po’ troppo in forma per essere un vero vegano.
Si divertono, sono a proprio agio, credo sappiano di essere già delle star del panorama indie.
Eppure non si atteggiano, anzi danno il massimo, vogliono impressionare il pubblico. Soprattutto Robin Pecknold, che spesso e volentieri è da solo per l’esecuzione di alcuni brani e addirittura si esibisce senza microfono e senza amplificazione della chitarra in un classico della tradizione folk popolare americana, Katie Cruel , lasciando l’intero locale in delirio.
Impeccabili le esecuzioni di Mykonos, splendida canzone tratta dal loro Ep Sun Giant, e di altre favorite del pubblico come He Doesn’t Know Why e English House.
Nell’ora e mezza di concerto snocciolano quasi tutte le canzoni incluse nei due lavori daloro pubblicati, aggiungendo la chicca della cover di Duncan Browne, My Only Son, dimostrandosi decisamente ispirati e con parecchia voglia di suonare.
Le armonie e gli intrecci vocali che producono dal vivo sono addirittura più ricchi e suggestivi di quanto non siano sull’album. Non steccano praticamente mai una nota, mai neanche di un semitono, neanche quando è già da più di un ora che si esibiscono. E oltremodo tutti e 5 i componenti del gruppo cantano, o perlomeno partecipano ai cori.
Chiudono con Blue Ridge Mountains, altra canzone amata dai fan, dopodiché lasciano il palco sommersi dagli applausi e dalle urla “bravò” del pubblico francese.
Tutti vanno a casa soddisfatti, e io, per una sera, mi dimentico che la Ryanair mi ha perso il bagaglio.
Grazie ai Fleet Foxes.
SETLIST
Sun Giant
Sun It Rises
Drops In The River
English House
White Winter Hymnal
Ragged Wood
Your Protector
My Only Son - Pecknold solo
Oliver James - Pecknold solo
Quiet Houses
He Doesn't Know Why
Mykonos
Katie Cruel - Pecknold solo
Tiger Mountain Peasant Song - Pecknold solo
Blue Ridge Mountains
Francesco Ruggeri
http://www2.troublezine.it/reports/10856/25022009-fleet-foxes-la-cigale-parigi
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento