giovedì 24 giugno 2010

The Temper Trap @ Alcatraz, Milano 16-06-2010

Di questa band ne sentiremo parlare ancora per molto tempo.
Era questa la sensazione che aleggiava all’Alcatraz dopo il concerto dei Temper Trap di ieri sera. Una band in ascesa vorticosa, che ormai riesce a padroneggiare il palco e l’esecuzione del proprio repertorio come chi fa questo mestiere da vent’anni.
Il gruppo spalla, che per una volta non ha deluso, erano i The Kissaway Trail, gruppo danese di giovanissimi, che cerca di seguire le orme di altri gruppi compatrioti come i Carpark North, Mew e Raveonettes, ma che ha nella fusione dei suoni simili ai Beach Boys e Sonic Youth la loro anima musicale. Poco più di mezz’ora per farsi conoscere, ma il pubblico ha apprezzato ampiamente la loro performance.
Dopo un attesa non indifferente arrivano sul palco gli australiani capitanati da Dougy Mandagi con l’aggiunta dello strumentista da tour Joseph Greer.
Senza tanti fronzoli attaccano con un intro strumentale seguita da Rest.Il pubblico risponde con un ovazione alla prima canzone che, pur non essendo un singolo, è uno degli episodi meglio riusciti del loro album d’esordio Conditions.
Fader, singolo in rotazione sia in TV che in radio, fa saltare tutto il pubblico presente grazie al suo ritmo contagioso e al suo ritornello ululato. Dougy Mandagi dimostra che la sua voce falsettata non è un risultato da studio, ma è autentica ed emozionante proprio come su disco.
Dopo la parentesi lenta di Fools, i Temper Trap suonano la superba Down River, una canzone fresca, estiva e sinceramente irresistibile che con la successiva Love Lost forma una coppia di pezzi eseguita in maniera impeccabile dalla band di Melbourne.
Man mano che il concerto continua i Temper Trap prendono confidenza con il pubblico e con se stessi, dimostrandosi musicalmente più maturi di quanto sono in realtà.Soldier On è la dimostrazione di questa maturità: un pezzo lungo, lento ma da brividi sia per interpretazione che per qualità. L’applauso del pubblico in adorazione alla fine di Soldier On è la dimostrazione di quanto le loro canzoni penetrino nei cuori dei loro (giovani) fan.
Subito dopo si giocano la loro carta migliore: il singolone spacca-classifiche Sweet Disposition, eseguito alla perfezione. Il pubblico dell’Alcatraz è in visibilio, e non si accorge di un piccolo problema di mixaggio; nel ritornello la potente voce del buon Mandagi copriva tutta la band!
A parte questo piccolo inconveniente, che comunque non ha intaccato la qualità della performance, il concerto si avvia verso la sua conclusione, con Resurrection e Drum Song a chiudere la prima parte.Acclamati a gran voce dal pubblico, in particolare il loro chitarrista Lorenzo Sillitto, i Temper Trap tornano sul palco, e Lorenzo spende addirittura qualche parola in italiano, guadagnandosi un vero e proprio tripudio di applausi.
Dougy Mandagi annuncia che suoneranno ancora due pezzi, di cui un inedito: Rabbit Hole. Un pezzo che non si discosta dallo stile del loro primo album, Conditions, ma comunque con spunti interessanti per il loro prossimo futuro.
La spettacolosa e coinvolgente Science Of Fear chiude questo concerto milanese dei Temper Trap. Seppur corto (un’ora e venti minuti, ma hanno suonato tutto l’album), questo concerto ha dimostrato appieno come i Temper Trap siano un gruppo destinato a calcare questi palchi, e palchi ben più importanti, per molto tempo a venire.

giovedì 3 giugno 2010

Blood Red Shoes - Fire Like This


Prendete un paio di ragazzi inglesi. Fategli ascoltare i Nirvana per tutta la loro adolescenza. Dategli una città noiosa e stantia come Brighton, England. E infine circondateli di loro coetanei che sanno solo parlare di calcio e risse. A questo punto l’unico sbocco che questi ragazzi possono avere, a parte l’alcolismo, è la musica.
E, fortunatamente, è proprio questa la strada scelta da Laura-Mary Carter e Steve Ansell, ovvero i Blood Red Shoes.
Con il precedente Box Of Secrets erano riusciti a crearsi una certa reputazione nell’ambiente indie Britannico, anche grazie a pezzi strepitosi come It’s Getting Boring By The Sea e I Wish I Was Someone Better.
Ora, due anni dopo Box Of Secrets, ritornano con questo nuovo Fire Like This, e fin dalle prime note le loro intenzioni sembrano bellicose: Don’t Ask inizia senza neanche lasciare il tempo di mettersi le cuffie sulle orecchie.
La velocità e l’immediatezza dei loro pezzi è sempre stato uno dei loro marchi di fabbrica, e in questo inizio di Fire Like This, i BRS non sembrano deludere.
Infatti la successiva Light It Up si presenta con un riff irresistibile di Laura-Mary Carter che infiamma un pezzo da ascoltare con il volume al massimo.
C’è da notare che rispetto all’album di esordio la sua tecnica con la chitarra ha subito dei notevoli miglioramenti e, a parte la già citata Light It Up, lo si può sentire in pezzi come Count Me Out e Heartsink.
Keeping It Close è uno di quei brani dove i BRS sembrano avere ”urgenza” di suonare, proponendo una canzone senza fronzoli, senza lustrini e melodie da checche radiofoniche.
Allo stesso modo One More Empty Chair è nel classico stile BRS: veloce, immediata e spaccatimpani.
Un punto sicuramente a favore di ogni singolo pezzo dei BRS è la batteria di Steve Ansell, che reputo uno dei migliori batteristi in circolazione, non solo per i ritmi che riesce a tenere, ma soprattutto per come riesce a cantare e a suonare così forte contemporaneamente.
Le voci di Laura-Mary e di Steve sembrano essere state concepite per cantare insieme, e la loro chimica su disco è innegabile: la riprova è Colours Fade, traccia conclusiva di questo Fire Like This, che è il pezzo migliore che abbiano mai fatto. Sette minuti di grunge, punk e psichedelia uniti in un miscuglio al limite della perfezione stilistica. Una canzone sorprendente, che mi lascia ancora più fiducioso nei confronti di questo giovanissimo gruppo.
In conclusione Fire Like This non è strutturalmente diverso dal loro primo Lp, ma suona semplicemente meglio, in ogni singolo aspetto. Non sarà mai considerato un album che ha segnato il suo periodo, ma è decisamente divertente e si fa ascoltare per tutti i suoi 37 minuti di passione.
Promossi.
A pieni voti.