martedì 2 febbraio 2010

Sydrojé - Duende



La musica italiana ha da anni perso ogni senso.
Tutto è artefatto, preparato a tavolino per la massa che, senza obiezioni, assimila tutto quello che MTV, Sanremo o Amici propina.
Le poche band musicalmente degne sono relegate ai margini, come lo è tutta la musica di valore in questo distorto paese. Eppure di talento in giro ce n’è. Bisogna cercarlo, certo, ma ogni tanto salta fuori qualcosa di interessante, di nuovo, di valore.
E qualcosa di valore l'ho trovato proprio nella mia città natale, Cremona.
I Sydrojé sono Stefano Scrima, voce e chitarra, Andrea Carasi, basso, e Stefano Muchetti, batteria. Tre ragazzi cremonesi pieni di passione per la musica che hanno dato alla luce da qualche mese Duende, il loro primo Lp.
Una gestazione lunga due anni, fatta di tanti concerti per farsi conoscere, due Ep e di una ricerca, purtroppo infelice, di una qualsiasi produzione.
Duende inizia con Stupido Cuore, un bellissimo pezzo cantautorale, sul recente stile di Vasco Brondi (Le Luci Della Centrale Elettrica). Una canzone delicata, ma forte allo stesso tempo, dove risalta immediatamente la voce profonda, scura e dolorante di Stefano Scrima.
Bacche Rabbia e Alcol è uno dei pezzi più “vecchi” dei Sydrojé, risalente al 2005, dove l’influenza grunge di gruppi come i Nirvana è palese. Ma nonostante gli ovvi punti di riferimento, i Sydrojé non si ispirano direttamente a nessuno. La loro musica è sia originale che coinvolgente, e questo aspetto trova riscontro in brani come Succhi Gastrici, un piccolo gioiello stoner-rock, e Marocco Dream Nation, che è uno dei migliori brani di tutto l’album.
I continui cambi di ritmo e di stile, come il passaggio da Mi Uccido Di Qui, Mi Uccido Di La, Bla Bla Bla a Ufo Due, velocissimo pezzo punk, sono tanto sorprendenti quanto efficaci.
Mi è difficile classificarli in un genere. Il modo in cui variano dal noise al grunge, passando per il cantautorato e per il rock italiano è davvero da applausi.
Ad esempio, Bimba Suicida mi ricorda i Verdena più ispirati, e la successiva Inutilità, con tanto di pianoforte e archi come accompagnamento, è uno stupendo tuffo negli anni '60 della musica italiana.
Ogni singolo pezzo di Duende ha la sua anima, la sua forma e la sua storia. Raramente mi è capitato di ascoltare un album così denso di idee, di inventiva e di sperimentazione.
I testi, che spaziano dal suicidio a storie finite male, sono quanto di più spontaneo possa esistere, lasciando spesso la sensazione che ci sia molto di autobiografico, senza però perdere la loro originalità.
La chiusura del disco è affidata a due pezzi molto "emotivi". La Mia Camicia Bianca è un pezzo lento e inquieto, ma sorprendentemente potente, mentre Una Pianta Carnivora Mi Ha Detto Che Non Mi Ami Più vede Stefano Scrima solo alla chitarra acustica, mentre strimpella una melodia dolce e malinconica.
Alla fine, mettendo insieme tutti i pezzi del puzzle, mi rendo conto di quanto questo Duende sia un disco davvero completo: i testi, sempre efficaci e avvolgenti, le melodie, musicalmente interessanti e ricercate, la voce, la sezione ritmica. C’è davvero tutto. Ed è tutto ottimo. Decisamente ottimo.

Tracklist:
1. Stupido Cuore
2. Bacche, Rabbia e Alcol
3. Nido
4. Sanguisuga Girl
5. Un'Estate Di Merda
6. Bimba Suicida
7. Inutilità
8. Marocco Dream Nation
9. Lallalà
10. Succhi Gastrici
11. Mi Uccido Di Qua, Mi Uccido Di Là, Bla Bla Bla
12. Ufo Due
13. La Mia Camicia Bianca
14. Una Pianta Carnivora Mi Ha Detto Che Non Mi Ami Più


Francesco Ruggeri