martedì 11 maggio 2010

These New Puritans - Hidden


Se vi dicessi che il nuovo album dei These New Puritans è già adesso un serio candidato per album dell’anno, mi prendereste sul serio?
Certo che no. Non mi prenderei sul serio neanch’io, eppure è così.
Portando ad un livello esasperato la sperimentazione, i TNP si erano già distinti un paio di anni fa con l’ottimo Beat Pyramid.
Ma Hidden è un'altra cosa. Un altro album. Un altro posto ed un altro luogo, dove quasi nessuno osa spingersi.
Ascoltandolo si prova un continuo senso di pericolo e di intimidazione, come se l’album si ponesse in maniera minacciosa rispetto all’ascoltatore. Suoni di vetri infranti, spade sguainate e tamburi di guerra si fondono con beat elettronici veloci e potenti.
Hidden è un affascinante lavoro compositivo, che comincia con Time Xone, un corto preludio orchestrale che racchiude però in sé tutta l’essenza sperimentale dell’album.
Non ci viene lasciato il tempo di abituarci agli ottoni soffici e vellutati, che We Want War, primo singolo estratto, inizia con prepotenza la sua cavalcata di sette minuti e ventiquattro secondi, all’interno della quale i TNPS sguainano tutte le loro armi: ritmi incalzanti, suoni elettronici, suoni di lame sguainate e tamburi da guerra giapponesi. Un pezzo sconvolgente per la sua efficacia, per il coinvolgimento che provoca in chi lo ascolta e per la potenza scaturita.
Il terzo brano, Three Thousand, vede in primo piano la batteria di George Barnett, in grado di tenere ritmi velocissimi e complicati.
Mentre Three Thousand finisce riprendendo la melodia di Time Xone, si capisce già che questo sarà un album epico, destinato a scomodare paragoni eccellenti e nomi importanti, ma i TNPS, seppur ispirandosi ad una ben precisa corrente musicale, hanno creato un mix unico, che difficilmente nella musica contemporanea si era visto.
Attack Music, secondo singolo estratto da Hidden, è la summa dell’impegno profuso dai TNPS: c’è l’elettronica, c’è il rock, c’è l’avanguardia, ci sono ottoni e violini, ma soprattutto c’è pathos e c’è emozione. Questa canzone non sarà la migliore dell’album, ma è sicuramente quella sulla quale Jack Barnett e soci hanno lavorato di più.
Orion, la settima traccia dell’album, è un altro pezzo di quelli che fanno accapponare la pelle, sia per la sua intensità, che per la sua oggettiva bellezza artistica. La melodia acida e nervosa è accompagnata da un coro che si rivela allo stesso tempo inquietante e rassicurante.
Canticle, un semplice intermezzo di un minuto e dieci secondi, è in realtà un preludio per l’ultimo atto.
Drum Courts – Where Corals Lie sembra un pezzo creato appositamente per il cinema. E’ facile immaginarsi una battaglia tra due immensi eserciti, mentre i tamburi riecheggiano per tutto il campo di battaglia. E’ un ennesima dimostrazione di come la musica dei TNPS possa adattarsi a diversi ambiti artistici. Jack Barnett sussurra le parole della canzone, quasi come se non volesse rovinare una creatura già di per sé perfetta.
L’album si conclude con 5, un brano senza testo che mette in primo piano gli ottoni, con le loro note insistentemente presenti in quasi tutte le tracce di Hidden.
Seppur giovanissimi, i TNP hanno le idee ben chiare in testa: in questo Hidden non c’è la ricerca del singolo, del compiacimento, dell’idea di doversi vendere al pubblico, questa è musica scritta ed eseguita per il semplice piacere di creare arte.
Alla fine Hidden è proprio questo. Un’opera d’arte.


Francesco Ruggeri

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