venerdì 3 luglio 2009

The Enemy - Music For The People


Dev’essere davvero difficile per i giornalisti di NME riuscire ad inventarsi ogni trimestre la “next big thing”.
Un annetto e mezzo fa fu il turno dei The Enemy, tre semi-adolescenti provenienti da quel buco grigio e fumoso che è Coventry, in Inghilterra.
Il loro disco di debutto, We’ll Live And Die In These Towns, era buono, forse sopravvalutato, ma con i testi impegnati e i riff di chitarra di Tom Clark, aveva qualche ottimo spunto.
Come è lecito, ci si aspettava un salto un avanti nella qualità in questo Music For The People, ma i risultati non sono quelli che tutti si aspettavano.
La prima traccia, Elephant Song ha un inizio che mi ricorda immediatamente D’you Know What I Mean degli Oasis, e in questo caso il disco sembra partire bene, deciso e ben impostato.
La seconda traccia, No Time For Tears, sembra decisamente pretenziosa, ma ha un giro di basso potente e un ritornello orecchiabile, nel “tipico” stile The Enemy.
Sembra procedere bene questo disco, dopodiché parte un trittico di pezzi che mi ha fatto venire voglia di spegnere lo stereo e buttare il cd.
51st State sembra una canzone dell’inizio degli anni ’90, con un triste assolo di chitarra; la successiva Sing When You’re In Love è paradossalmente piatta e senza emozione; infine Last Goodbye, canzone che parla di suicidio, ad un certo punto suona come una bruttissima copia di Bitter Sweet Symphony dei Verve.
Con il passare delle tracce la sensazione che si prova, è decisamente fastidiosa. Sembra di aver già sentito tutto, nessuna canzone di distingue per originalità e, anzi, ci si annoia pure.
Il clou dell’album arriva con il brano numero otto, ovvero Don’t Break The Tape. O, se preferite, London Calling dei The Clash. Travestita ad arte, ma è assolutamente la stessa canzone.
E come ciliegina finale, nell’ultimo pezzo Silver Spoon, dopo parecchi minuti di silenzio parte una ballata al piano che, tanto per cambiare, mi ricorda un'altra canzone, ovvero Let It Be dei Beatles.
Sorge il dubbio che Tom Clark e soci si siano lasciati influenzare troppo da altre band, perdendo la loro identità e finendo col non avere un proprio sound caratteristico. E nello spietatissimo mondo dell’indie di oggi, suona come una condanna a morte.

Tracklist:

1. Elephant Song
2. No Time For Tears
3. 51st State
4. Sing When You’re In Love
5. Last Goodbye
6. Nation Of Checkout Girls
7. Be Somebody
8. Don’t Break The Red Tape
9. Keep Losing
10. Silver Spoon


Francesco Ruggeri

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