mercoledì 9 dicembre 2009

Biffy Clyro @ Tunnel, Milano 7-12-2009

Dopo le due date da special guests per i Muse, i Biffy Clyro hanno l’opportunità di esibirsi in Italia da protagonisti.
Finalmente, aggiungo io.
La location, il rinnovato Tunnel, è perfetta per i Biffy Clyro. Un palco piccolo e un locale intimo quanto basta per sentirsi davvero vicino alla band.
L’apertura del concerto è affidata ai gallesi People In Planes che, purtroppo per loro, iniziano ad esibirsi davanti a non più di una quarantina di persone. I cinque gallesi, capitanati dal simpatico Gareth Jones, ce la mettono tutta e nonostante lo spazio limitatissimo sul palco e alcuni problemi tecnici riescono ad impressionarmi positivamente, soprattutto con Last Man Standing, singolo tratto dal loro ultimo album, Beyond The Horizon.
Dopo soli venti minuti i People In Planes salutano il pubblico e lasciano il palco ai Biffy Clyro.
Simon Neil e i fratelli Johnston passano attraverso il pubblico per raggiungere lo stage, e dopo un breve saluto in italiano attaccano subito con The Golden Rule, singolo tratto dall’ultimo album, Only Revolutions.
Il volume è altissimo, Simon Neil è nudissimo e come inizio è da strapparsi i capelli, anche perchè come seconda canzone gli scozzesi suonano Living Is A Problem Because Everything Dies, rischiando di far crollare l’edificio.
Alla terza canzone tirano fuori una perla dal loro vecchio repertorio: There’s No Such Thing As A Jaggy Snake, tratta dal loro terzo album, Infinity Land.
I Biffy sembrano in buona forma, i fratelli Johnston sono ritmicamente impeccabili e Simon Neil è…Simon Neil, ovvero un animale da palcoscenico, e oltretutto sembra divertirsi parecchio.
In Who’s Got A Match lascia cantare il ritornello al pubblico, che risponde alla grande.
Il concerto continua ad un ritmo indiavolato fino a Machines, che non mi aspettavo assolutamente e che mi porta quasi alle lacrime per la sua semplice bellezza.
La maggior parte dei pezzi eseguiti dalla band di Ayrshire è tratta dagli ultimi due album, Puzzle e Only Revolutions, anche se vanno a pescare addirittura due brani dal loro Lp d’esordio, Blackened Sky, ovvero Justboy e la meravigliosa 57.
Spogliati dell’orchestra, le canzoni tratte da Only Revolutions rendono addirittura meglio che su disco, rivelando che nonostante le orchestrazioni dell’album i pezzi sono in puro stile Biffy.
Dopo la stupenda ballata God And Satan, ancora un tuffo nel passato, con Glitter And Trauma, poi un finale da lasciare senza fiato con Simon Neil che esclama: “vorremmo suonare ancora, ma questo locale tra poco diventa una discoteca e quindi dobbiamo smettere!”.
The Captain, Semi Mental, Many Of Horror e Mountains vengono eseguite in rapidissima successione per una chiusura davvero con il botto.
I tre ragazzi scozzesi scendono tra il pubblico in tripudio per tornare nel loro tour-bus.
Abbracci, pacche sulle spalle e foto a non finire.
Lungi dalla perfezione artistica e stilistica, i Biffy Clyro quando sono su un palco pensano solo ad una cosa. Suonare il più forte e intenso possibile. Ce ne fossero di band così.
Lunga vita ai Biffy Clyro.

Setlist:
That Golden Rule
Living Is A Problem Because Everything Dies
There’s No Such Thing As A Jaggy Snake
Bubbles
Who’s Got A Match
9/15ths
57
Born On A Horse
Get Fucked Stud
Machines
Now I’m Everyone
Cloud Of Stink
Justboy
Love Has A Diameter
A Whole Child Ago
God And Satan
Glitter And Trauma
The Captain
Semi Mental
Many Of Horror
Mountains


Francesco Ruggeri

sabato 5 dicembre 2009

The Temper Trap - Conditions


Direttamente da Melbourne, surfando sull’hype generato dal singolo Sweet Disposition, in rotazione un po’ ovunque, gli Australiani Temper Trap pubblicano il loro primo lavoro in studio: Conditions.
La band, insieme da pochissimo tempo, è formata da Dougy Mandagi, voce, Lorenzo Sillitto, chitarra, Toby Dundas, batteria e Johnathon Aherne, basso.
Il frontman, Dougy Mandagi, ha dichiarato che le maggiori influenze musicali del gruppo provengono da Radiohead, David Bowie e Arcade Fire, anche se ascoltando l’album nella sua interezza, sembrano più orientati verso un rock alternativo “intelligente”, diciamo alla Coldplay ma con più ritmo.
Molto più ritmo.
Partiamo proprio da Sweet Disposition, che senza dubbio è la traccia trainante dell’intero album. E’ una canzone emozionante, nel vero senso della parola, con un atmosfera davvero intima e avvolgente e non a caso è stata utlilizzata nella colonna sonora del film 500 Giorni Insieme.
Love Lost potrebbe tranquillamente provenire da un disco degli Snow Patrol, con la voce di Dougy Mandagi a farla da padrone sopra ad un orecchiabile motivetto di tastiere.
In Down River si nota di più l’influenza degli Arcade Fire. Infatti compaiono archi, trombe e addirittura uno xilofono, in una canzone decisamente allegra e positiva.
Un po’ in controtendenza la successiva Soldier On, molto più lenta e malinconica.
La traccia comune dell’album è la voce di Dougy Mandagi, che senza fatica si sposta dal falsetto di Sweet Disposition o di Fools ai vocalizzi di Fader, altra traccia musicalmente interessante.
Resurrection mi prende alla sprovvista, con le sue divagazioni elettroniche, e mi stupisce in quanto ad originalità. Una canzone che non avrebbe sfigurato in un album dei Tv On The Radio.
Questo quartetto australiano ha sfornato un album davvero interessante, completo e valido dal punto di vista musicale.
La loro capacità di variare da canzoni che sembrano scritte per i telefilm adolescenziali, a brani vibranti e incalzanti come Science Of Fear, o la conclusiva e strumentale Drum Song, è davvero da applausi.
Il talento è abbondantissimo, hanno già una buona base di fan e un singolo strepitoso per radio.
Insomma, ne sentiremo sicuramente riparlare.

Tracklist:
1. Love Lost
2. Rest
3. Sweet Disposition
4. Down River
5. Soldier On
6. Fader
7. Fools
8. Resurrection
9. Science Of Fear
10. Drum Song


Francesco Ruggeri

The Cribs - Ignore The Ignorant

Ritornano i fratelli Jarman, due anni dopo il successo di “Men’s Needs, Women’s Needs, Whatever”, e lo fanno con un grande cambiamento nella loro formazione: Johnny Marr alla chitarra.
Ebbene si, l’ex Smiths Johnny Marr, dopo l’impegno con i Modest Mouse, ha deciso di lavorare con i The Cribs.
Scioccati?
Inizialmente anch’io, non lo nascondo, soprattutto quando ho letto che Johnny Marr è diventato un membro dei The Cribs a tempo pieno; cioè non solo per questo album, ma anche per il successivo tour e per i prossimi lavori in studio della band proveniente dallo Yorkshire.
Dai Cribs mi aspetto un album veloce e diretto. Motivi orecchiabili e canzoni semplici.
Invece mi accorgo che la mano del vecchio marpione Marr si sente, fin dalla traccia iniziale, We Were Aborted, che è una classica canzone a là Cribs, ma con più corpo, più suono, più “chitarra”.
Il primo singolo, Cheat On Me, è una canzone spudoratamente radiofonica, ma dopo averla ascoltata, provate a non canticchiarne il ritornello.
Arrivando alla traccia numero quattro, City Of Bugs, si riconosce il tentativo dei giovani Jarman di dimostrare di essere cresciuti, e di essere pronti a scrivere canzoni serie. Un testo cupo, una melodia che non ti aspetteresti mai dai Cribs e la sensazione di quello che (facilmente) potrebbero diventare: una band da stadio, cosa che per fortuna non sono ancora.
Riescono meglio le canzoni che si discostano meno dal loro “stile”, come Emasculate Me o Hari Kari, dove la chitarra di Johnny Marr sembra quasi superflua.
Altri brani, come Last Year’s Snow, il secondo singolo We Share The Same Skies e soprattutto Save Your Secrets, sembrano canzoni degli Smiths senza la voce di Morrissey.
Ignore The Ignorant, che da il titolo all’album, parla dell’indignazione dei fratelli Jarman nel vedere il partito di estrema destra BNP vincere le elezioni nella loro Wakefield. Il testo politico, la chitarra incalzante e la rabbia espressa nella sua interezza dalla canzone, la rendono la migliore dell’album.
Una maliconica storia di solitudine travestita da ballata, Stick To Yr Guns, chiude questo Ignore The Ignorant, che è un buon disco, ma riuscito solo a metà.
Non ci sono grossi difetti, la presenza di Johnny Marr si è sentita, ma in maniera adeguata e i Cribs non hanno snaturato troppo il loro sound, come altre band indie hanno (purtroppo) fatto quest’anno.
Però non è il loro miglior album, non ci sono canzoni che vi rimarranno impresse (a parte Cheat On Me), e probabilmente molta gente continuerà ad ascoltare i “vecchi” Cribs di Mirror Kissers.
Me compreso.

Tracklist:
1. We Were Aborted
2. Cheat On Me
3. We Share The Same Skies
4. City Of Bugs
5. Hari Kari
6. Last Year’s Snow
7. Emasculate Me
8. Ignore The Ignorant
9. Save Your Secrets
10. Nothing
11. Victim Of Mass Destruction
12. Stick To Yr Guns


Francesco Ruggeri