Quando metti in loop un’album intero, vuol dire che è un lavoro con i fiocchi.
Quando nell’arco di due mesi hai ascoltato quest’album 37 volte, allora capisci che si tratta di qualcosa diverso dal solito.
I Morning Benders hanno letteralmente invaso le mie playlist, al punto che quasi giornalmente ascolto il loro nuovo album, Big Echo.
Nati sotto il sole della California, baciati dal talento e osannati da buona parte della stampa specializzata ben prima di questo nuovo album, i Morning Benders avevano già fatto rizzare le orecchie un paio di anni fa, con il loro esordio Talking Through Tin Cans.
Ma è grazie a questo Big Echo, prodotto da Chris Taylor dei Grizzly Bear, che Chris Chu e compagni sono finiti sulla bocca (e sui blog) di tutti.
La traccia che letteralmente trascina l’album è la prima, ovvero Excuses. Echi di Beach Boys, armonie vocali à-la Grizzly Bear e una parte orchestrale degna degli Arcade Fire. Voilà, eccovi servita la canzone dell’anno.
A Excuses segue Promises, è un irresistibile pezzo pop-rock sincopato, all’interno del quale trova spazio la leggerezza e il respiro classico dei Grizzly Bear.
L’atmosfera “Big Sur” avvolge Wet Cement, altro pezzo che deve essere stato scritto sulla spiaggia, in una pausa tra un onda e quella successiva.
Big Echo è un album di facilissimo ascolto, di compagnia, di viaggio e suona come la colonna sonora perfetta da mettere in macchina mentre ci si dirige al mare, e sembra una splendida compilation di canzoni estive prese da tante stili diversi provenienti dalle “ere” musicali più differenti.
Le influenze sono svariate: la costa Californiana ha il suo peso nel sound di Big Echo, ma ad essa va aggiunta tutta la surf-music classica degli anni ’50 e ’60. Allo stesso tempo è presente la modernità, la freschezza e l’attualità.
Cold War, pezzo brevissimo di un minuto e quaranta secondi, è un inno alla spensieratezza e alla solarità, qualità delle quali tutto Big Echo è colmo.
All Day Light è forse il pezzo più rock di tutto il disco, senza però mettere da parte la componente atmosferica e riverberante degli altri pezzi.
E, a proposito di atmosfera, Stitches è da brividi: una canzone languida, malinconica, ma che cresce fino a diventare quasi rabbiosa, pur restando comoda nella sua aura di compostezza e di eleganza. Insomma, un pezzo magnifico.
L’album si conclude con Sleeping In, una sorta di cantico dedicato all’estate e a ciò che rappresenta, alla sua solennità e all’armonia che riesce a donare.
I Morning Benders hanno realizzato un album che mi riesce difficile non definire perfetto, almeno nel suo intento: prende tutto ciò che di buono esiste nella musica indie e pop di oggi, e lo miscela in chiave moderna con la musica pop del passato, tenendo come tema principale le calure estive e i movimenti soavi delle onde.
Peccato che noi non viviamo in California, ma grazie a questo disco, la possiamo almeno sognare.
Tracklist:
1. Excuses
2. Promises
3. Wet Cement
4. Cold War
5. Pleasure Sighs
6. Hand Me Downs
7. Mason Jar
8. All Day All Light
9. Stitches
10. Sleeping In
Francesco Ruggeri