I Cold War Kids sono un gruppo pieno di talento. Non solo musicale, ma anche artistico, visuale e intellettuale.
Sono dei bravi ragazzi, educati e puliti, che suonano come una band proveniente dai bassifondi di New Orleans.
O viceversa, se preferite.
Ora, dopo il buono ma non eccelso Loyalty To Loyalty, tornano con un Ep di cinque tracce registrato negli intermezzi dell’ultimo tour.
E posso tranquillamente dire che questo Ep è una delle cose migliori che i ragazzi di Long Beach abbiano mai prodotto.
Senza la pressione di dover registrare un Lp, senza pressioni dall’etichetta, semplicemente scrivendo quello che sentivano lungo la strada, Nathan Willett e compari sono riusciti nell’intento di riproporre le stupende armonie ed emozioni del loro debutto, Robbers & Cowards.
Behave Yourself comincia con Audience, con le classiche liriche acute di Nathan Willett che scandiscono il tempo insieme all’immancabile piano da bordello. L'allegria e il ritmo la fanno da padrone, mentre il testo parla della gioia di suonare anche solo per se stessi.
In Coffee Spoon è Matt Aveiro a farla da padrone. La sua batteria, roboante e precisa, accompagna l'irresistibile riff di chitarra blues di Jonnie Russell, in una canzone elegante e delicata.
Santa Ana Winds è, per così dire, una canzone d'amore. L'amore che hanno per la loro terra d'origine, la California. Ancora la batteria dura e pura di Aveiro in primo piano, un metronomo in carne ed ossa, che sembra spingere gli altri strumenti a fare sempre più baccano, riuscendoci.
I Cold War Kids rappresentano una (purtroppo) ristretta élite di artisti americani che non hanno dimenticato, e non vogliono dimenticare, le origini e le tradizioni, e raramente capita di poter ascoltare musica che affonda le proprie radici nella storia del soul, del blues e del jazz.
Sermons ne è l'esempio: affronta uno dei classici temi dei CWK: la redenzione. “Lord have mercy on me” urla con dolore Nathan Willett, mentre la canzone, come in un canto gospel, cresce di intensità, fino ad una conclusione che porta quasi alle lacrime.
Puro soul bianco, nella sua essenza più genuina.
I trentasette secondi di Baby Boy, una divertente divagazione jazz, chiudono un Ep che speri non finisca mai.
Queste cinque canzoni possono provocarvi una malinconia estrema, ma anche una gioia inspiegabile.
In ogni caso vanno ascoltate.
Ecco cosa ne pensa Nathan Willett:
“These songs were recorded same time between "Loyalty" and now. They didn't belong there but kept hanging around, started trouble, made friends, and insisted their story be heard".
Ecco, ora vi invito ad ascoltarle.
Anzi, insisto.
Tracklist:
1. Audience
2. Coffee Spoon
3. Santa Ana Winds
4. Sermons
5. Baby Boy
Francesco Ruggeri
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